Esaminando s’apprende

Sempre si impara qualche cosa, anche nelle situazioni più improbabili come, ad esempio, gli esami di maturità.

Come? – direte voi – gli esami di maturità, il tempio della cultura secondaria, la conclusione di un ciclo di studi quinquennale, il momento solenne in cui si sancisce il passaggio dalla condizione subordinata di studente ancora adolescente alla maturità che preannuncia l’ingresso nella società “vera” del lavoro o nel cerchio della cultura “superiore” universitaria?

Si, si: ribadisco: anche agli esami di maturità si impara, nonostante:

  • l’età: già avanzata, prossima la pensione, debole la memoria, disincantata la riflessione.
  • l’esperienza: tanta, già visti decine di volte gli esami, sempre gli stessi, poche le variazioni, poche le aspettative.
  • la linea di tendenza: come tutti professionisti del settore, rilevo la costante tendenza al peggio nella scuola italiana (e non), nella qualità, nella quantità, nel modo ecc.
  • la normativa: passione di presidenti solerti e, a volte, ottusi, illogica e spesso contraddittoria, interessata meno ai contenuti che alla forme.

Eppure si impara. Questa volta porto a casa almeno tre idee (concetti-esperienze):

  1. I Pic
  2. La poesia
  3. Varia umanità

Non sono in ordine di importanza s’intende. Partendo dal fondo, posso dire, nonostante la mia ormai consolidata sfiducia nell’umanità (alla quale preferisco l’animalità e con ciò stabilisco una contraddizione preferendo il tutto ad una sua parte), che osservo sempre con stupore la ricchezza (e a volte la povertà) dei ragazzi che ci sfilano sotto gli occhi: basta sedersi a lato della doppia fila di banchi (disposti appositamente per sottolineare una barriera, un ostacolo grande) per cogliere, spesso solo per un attimo, una testimonianza di quanto ci era sfuggito per molti anni (o era sfuggito ai loro insegnanti). Parafrasando e traslando un’idea di J.L.Borges: quando ero giovane pensavo che le manifestazioni dell’intelligenza fossero cosa rara e preziosa, ora so che sono comuni anche nei casuali “dialoghi” d’esame.

E che dire dei colleghi (involontario umorismo per chi segue su radio due la trasmissione di Fiorello) intravvisti di sfuggita nei corridoi per un intero anno che si rivelano ricchi di umanità (cosa di cui non dubitavo) e di esperienza inattesa? solo la forzata consuetudine di un’esame ci consente di conoscerli più a fondo, quel tanto che occorre per non farci pregiudizi di cui poi, invariabilmente, ci pentiamo.

Pic, scopro che sta per Programmable Interface Controller. Fino a questo momento pensavo che rappresentasse l’attimo in cui, perfettamente indolore, l’ago penetrava le carni, tratto da quella che ormai è diventata fonte primaria di cultura moderna: pubblicità. Invece no, questi incredibili ragnetti riescono a fare cose strepitose, limite solo l’immaginazione; ho visto piccoli robot seguire piste predefinite, combattere fra di loro, spostare ostacoli; controlli remoti di telecamere, di pompe, di valvole ; controlli di apparecchiature casalinghe via cellulare, e poi non mi ricordo. Come dire: se te lo dicono (mettiamo il collega Gigi Dariol) non ci credi ma se lo vedi è tutt’altra cosa. I colleghi di matematica dovrebbero farne tesoro: quello che si stenta a far capire bisogna “farlo vedere”. Tornando ai ragnetti, osservandoli mi sono venute in mente tanti bei progetti ricchi di concetti, di ricerca, di possibilità, a tal punto che non esiterei a definire i Pic “la riga e compasso” dell’elettronica.

E la poesia? la tentazione è dire: la poesia è come la musica lirica, piace o non piace; invece no; leggo da tempo poesie senza soddisfazione: probabilmente l’accostamento non è quello giusto; troppo cerebrale? forse; pregiudizio, nel senso di aspettative poi non corrisposte? anche; di fatto alla poesia bisogna accostarsi senza schemi, senza teorie, semplicemente leggendole, il resto poi si vedrà. Ringrazio per questo i nostri Pagotten e Morritz che ne hanno dimostrato un uso imprevisto ma, soprattutto la Piera Isgrò che ne fa ragione di vita e strumento didattico.

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21 risposte a Esaminando s’apprende

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